TEMI E CONCETTI
NON C’È PASSATO O FUTURO NELL’ARTE (Pablo Picasso)
Quanto “tempo” è passato tra un simbolo cicladico di fertilità, un tessuto di Fortuny e uno specchio di Anish Kapoor? Anziché focalizzare la ricerca su particolari periodi, stili, artisti, Artempo propone una singolare indagine del tema del tempo e di come da un lato esso agisca, formi e trasfiguri l’arte, dall’altro di come l’arte stessa si ponga sovente su un piano di pura sincronia atemporale.
TIMELESS
Se, come diceva il filosofo Greco Zenone, il tempo non esiste, allora non c‘è dubbio che l’eternità rappresentata in questa mostra da oggetti e opere d’arte di culture ed epoche diverse certamente esista: una maschera di Marisa Merz accanto a tre volti di Picasso e a una testa neolitica abrasa dal tempo, assieme a un semplice vecchio vaso rabberciato o alla Polvere danzante nei raggi del sole di Sabrina Mezzaqui.
NUMERI E ASTRI
Sul tema del Tempo, le Date di On Kawara, i Numeri di Roman Opalka o le installazioni di Tatsuo Miyajima che riducono il tempo a numeri digitali sono una scelta obbligata.
Ma anche oggetti provenienti da culture antiche e lontane ben si prestano a questo tema: ecco allora, ad esempio, manoscritti delle mille preghiere, o cinquecenteschi strumenti astronomici, ma ecco anche un’installazione di James Turrel, che usa la luce per collegare tempo e spazio, o le fotografie celestiali di Thomas Ruff o i geodi d’ametista di Marina Abramovich, a evocare l’infinita qualità di “tempo” e spazio.
DISTRUZIONE/COSTRUZIONE
Un aspetto importante del tempo è il suo lasciar traccia, il suo aggiungere o togliere: non solo, infatti, il passaggio del tempo distrugge le cose, può anche crearne. Per questo un artista come Lucio Fontana ha un ruolo centrale in questa mostra con la tela squarciata del suo Concetto spaziale, in cui distrugge per creare, per raggiungere una nuova dimensione sconosciuta.
Dopo la seconda guerra mondiale la distruzione diventa un motivo d’ispirazione importante per artisti come Alberto Burri, Shozo Shimamoto, Günter Uecker, Yves Klein, Arman. Altre opere in qualche modo connesse a questo tema sono uno specchio rotto di Marcel Duchamp, rarissimamente esposto, o l’ossidazione di un “piss painting” di Andy Warhol, o l’opera del cinese Cai Guo-Qiang realizzata con fuochi d’artificio esplosi o quelle del fiammingo Peter Buggenhout, strani oggetti di polvere ricavati da comuni materiali di risulta, in cui gioca un ruolo importante l’angoscia della deprivazione.
VANITAS / NATURE MORTE
Le nature morte incentrate su temi e simboli della vanitas sono particolarmente presenti nella pittura seicentesca: fiori delicati, frutta, animali rammentano la brevità e la precarietà del passaggio terrestre.
Ma anche i mirabilia provenienti dalle collezioni dei musei di storia naturale appartengono a questa temperie, ad esempio la scultura di Jan Fabre fatta di scarafaggi. Immagini di morte od opere ottenute dalla lavorazione di corpi o scheletri di uomini o animali morti non rappresentano solo la reazione o la presa di coscienza del senso del tempo, ma anche un modo per sfuggire alla sua inesorabilità.
DECOSTRUZIONE/DEFORMAZIONE
Anche la decostruzione è una tecnica possibile. Mentre Berlinde De Bruyckere, Alberto Giacometti e Francis Bacon creano nuove forme distorcendo il corpo umano e Hans Bellmer costruisce bambole inquietanti, Orlan arriva a deformare il suo stesso corpo con la chirurgia. E poi ancora, dalla danza di morte di Antonin Artaud a quella nella pittura rossa di Kazuo Shiraga, memoria del sangue delle vittime della guerra. L’assenza del corpo si trova innanzitutto nelle Antropometrie di Yves Klein, in oggetti rituali indiani o nel video che mostra Kimsooja silenzioso, in piedi sulla riva di un fiume. Anche la sessualità è un aspetto importante del tema del tempo: ecco allora diversi oggetti rituali della fertilità accostati a un estatico volto femminile di Marlene Dumas e ai doppi falli di Louise Bourgeois.