Palazzo Fortuny riapre per la primavera proponendo contestualmente esperienze diverse, ma sempre in linea con la propria peculiare connotazione di spazio espositivo, Museo e Laboratorio, secondo una formula avviata ormai con successo, in cui opere di artisti differenti, per provenienza ed esperienza, si confrontano con il genius loci di Mariano.
Il Piano terra ospita
L’AUTOMA, un inedito percorso-racconto visivo ambientato a Venezia durante la Seconda Guerra Mondiale, realizzato dal fotografo Paolo Ventura (Milano, 1968), che vive e lavora a New York.
La città e le sue componenti vengono descritte ed interpretate attraverso una ventina di fotografie (100×120 cm) e un modellino (diorama, di 300×200 cm) – insieme a una selezione di disegni ed acquerelli di studio dei personaggi e delle ambientazioni – che appaiono come una realtà al contempo veritiera ed illusoria, se non sostanzialmente onirica.
Attraverso due distinti processi creativi (la realizzazione iperrealistica dei diorami, che diventano un vero e proprio “set” e l’elaborazione dello “scatto”) Ventura offre allo sguardo una sorta di artificiosa e ben confezionata “bugia” che, con dovizia di dettagli, risulta tanto verosimile quanto lo sono gli elementi narrativi dal sapore tragico e desolante della guerra, frutto di memorie familiari tramandate durante l’infanzia.
Si tratta di una chiave sicuramente inusuale e poetica per raccontare una storia, in bilico tra sogno e realtà, tra cinema e scenografia, tra fotografia e memoria.
La vicenda si sviluppa nel 1943, sotto l’occupazione tedesca.
Venezia è una città vuota e avvolta permanentemente da una sottile nebbia surreale che ne appiattisce i volumi e la tramuta in una sorta di quinta teatrale. Qui, un vecchio ebreo, ormai solo, appassionato di libri e “automi”, decide di costruirne uno, programmandone i meccanismi affinché in occasione di pranzi e cene saluti il suo anziano commensale con un fragoroso “brindisi”.
Quando, nel dicembre dello stesso anno, inizia il rastrellamento del Ghetto ed il conseguente arresto, finalizzato alla deportazione dei pochi ebrei rimasti, l’uomo si trova a casa mentre sente arrivare la polizia a perquisire la sua abitazione. È quasi ora di cena e nonostante sia nascosto con il suo “automa”, sente iniziare ad attivarsi lentamente quegli ingranaggi che inevitabilmente avrebbero portato al quotidiano saluto e di conseguenza al suo arresto.
Ma quando tutto sembra perduto, improvvisamente l’arto meccanico si blocca, rimanendo in silenzio, mentre la polizia abbandona l’abitazione…il vecchio è salvo, ma quel giorno saranno 200 gli ebrei arrestati e deportati, la maggior parte dei quali non farà più ritorno.
Parte delle opere in mostra si sposteranno in giugno al “Museum of art and design” di New York.