Museo Fortuny

Museo Fortuny

Percorsi e collezioni

Le collezioni del museo

Le collezioni del Museo sono costituite da un ricco fondo di opere e materiali che ben rappresentano i diversi esiti della ricerca dell’artista, ordinati per grandi argomenti di particolare rilievo: la pittura, la luce, la fotografia, il tessile e i grandi abiti.

La pittura
La collezione comprende circa 150 dipinti di Mariano Fortuny, legati ai vari momenti e alle diverse ispirazioni del suo percorso pittorico.
Centrale il periodo wagneriano, fino al 1899, punto di incontro e felice equilibrio tra pittura e teatro, segnale di un’intima comprensione di sogni e miti che hanno fatto fremere l’Europa a fine Ottocento.
Altrettanto affascinante, per altri versi, la ritrattistica, in cui la famiglia e in particolare la moglie Henriette giocano un ruolo fondamentale. Lo Studio di nudo femminile , del 1888, eseguito a soli diciassette anni, è la prima prova pittorica conosciuta del giovane Mariano. Questo tema, che sempre lo accompagnerà appassionandolo, diviene il palinsesto di tecniche e stili intrecciandosi persino con la ricerca fotografica.
Altro grande tema sono le Nature Morte, che sembrano il frutto di una contaminazione tra il bagaglio culturale di Fortuny e la sua originale capacità compositiva.

 

La Luce
Motivo dominante e vero cuore della ricerca di Fortuny è la luce.
Le collezioni comprendono molti esemplari originali di corpi illuminanti, tra cui si collocano gli straordinari lampadari e le lampade, in tessuto stampato e dipinto.
Derivati da soggetti e citazioni diverse, quali lo scudo saraceno, con nomi esotici, (Sherazade) oppure ispirate ai mondi celesti (Saturno), tali oggetti, quasi immateriali, evocano nelle stanze atmosfere e suggestioni dove luce e disegno costituiscono un unicum inscindibile.
Decisamente pratiche e funzionali all’illuminazione specifica di ambienti di vario genere, opere d’arte e architetture, le Lampade a diffusore Fortuny , dalla linea essenziale, solide, costruite in metallo, rappresentano ancora oggi quanto di meglio sia stato pensato per l’uso della luce diffusa e indiretta.

 

La Fotografia
Il nucleo fotografico raccolto nel Museo Fortuny propone immagini provenienti sia dalla collezione di Mariano Fortuny sia dal ricco fondo dei Musei Civici Veneziani, che, proprio qui a palazzo, è oggetto di un articolato programma di recupero e valorizzazione.
La Collezione copre un arco di tempo che va dal 1850 sino alla seconda guerra mondiale e si presenta come un ricco palinsesto di stili, tecniche e suggestioni storiche.

Mariano Fortuny fotografo
Fortuny fotografo è diverso dal noto e schivo protagonista del gran mondo dell’arte e della moda. Pur dotato di un gesto espressivo non meno autorevole o emozionante, certamente egli non fu né volle essere un professionista in questa disciplina che, come sappiamo, usava soprattutto come strumento per i lavori scenografici o tessili.
Ciononostante, il suo sguardo è inevitabilmente attraversato da un’intenzione artistica: negli scorci privati, nell’appuntare in immagini le proprie memorie, egli ottiene risultati sicuramente comparabili con quelli di ben più famosi fotografi a lui contemporanei.
Le foto di Mariano conservate nel Museo Fortuny sono visioni intime, album di famiglia, ritratti di amici, personaggi celebri, interni, autoritratti, suggestioni di viaggio e Venezia… una Venezia minore ripresa in scorci, esterni, persone.

 

Il Tessile
La collezione del Museo Fortuny di abiti, tessuti, matrici e prove di stampa, teli, drappi ornamentali, costituiscono un ricco campionario che ben identifica questa straordinaria produzione tessile e di moda, eccezionale vocabolario stilistico di motivi ornamentali citati, trascritti e reinterpretati, in funzione di una “moderna” visione decorativa e stilistica.
I tessuti semplici come la tela e la diagonale di cotone, il velluto di seta e cotone tagliato unito, sono i supporti ideali per la celebre stampa policroma destinata prevalentemente all’arredamento. Il raso, il taffetas , la garza di seta, gli stessi velluti, costituiscono la materia dei delphos , delle sopravvesti, dei sontuosi mantelli e delle cappe, intrisi di infinite mischie cromatiche e di riferimenti storici.
Dai preziosi velluti rinascimentali fino ai tessuti provenienti da culture lontane ed esotiche, Fortuny trae modelli decorativi e disegni che, una volta stampati, imitano e reinventano l’antico manufatto operato, grazie a un personalissimo sistema di stampa dall’ineguagliabile resa materica e tridimensionale.

Il Delphos
Il più grande successo dell’atelier di Mariano Fortuny fu la creazione, nel 1909, del Delphos, l’iconico, semplice, abito monocromo che prese ispirazione dai miti greci.
Dal punto di vista stilistico, la principale fonte d’ispirazione dell’abito è il chitone ionico dell’Auriga di Delfi, scultura greca rinvenuta nel 1896.
Con un’annotazione autografa posta a margine del brevetto, Fortuny riconosce in Henriette, sua moglie e musa, la vera ideatrice del Delphos.
Alcuni modelli, introdotti nel mercato negli anni Venti, conosciuti con il nome di Peplos, erano confezionati con una parte, indicata nell’antica Grecia come apoptygma, che veniva ripiegata a coprire il busto per circa un terzo della lunghezza del lato superiore dell’abito.
Il Delphos era un abito monocromo, di forma semplice ed essenziale, una sorta di cilindro costituito inizialmente da quattro teli in satin o taffetà di seta, che dal 1919 /1920 diventeranno cinque, cuciti tra di loro in lunghezza, in sequenza verticale e proseguenti a formare corte maniche.
La veste, sagomata da fettucce interne disposte in senso obliquo dall’ascella alla spalla per definire il giro manica, poggiava sulle spalle cadendo liberamente fino ai piedi.
Lo scollo e le maniche erano regolabili da coulisse in cordoncini di seta arricchiti da perline in pasta vitrea di Murano.
La caratteristica principale dell’abito era la finissima plissettatura. Eseguita inizialmente attraverso un processo manuale, veniva realizzata con l’unghia del pollice, poi fermata con un’imbastitura e quindi pressata.
Le dense onde verticali di ogni telo che componeva la veste potevano raggiungere circa quattrocentocinquanta pieghe.
La plissettatura, realizzata in senso longitudinale, poteva essere arricchita da un movimento ondulatorio trasversale, ottenuto con l’ausilio di tubi di rame o ceramica surriscaldata. Le tonalità con cui veniva realizzato variavano dalle cromie più tenui e neutre, come il color albicocca, malva, grigio perla o rosa, ai colori brillanti del rosso corallo, blu oltremare o verde veronese, tonalità rese cangianti dalla matericità serica e dalla mobilità del plissè.
Alcune femme fatale ne decretarono la raffinata e splendente lunga stagione, rendendone il riconoscimento immediato.
Il Delphos fu indossato da famose dame dell’aristocrazia e della nobiltà internazionale, così come da divine danzatrici e attrici, che ne sancirono il successo mondiale.
La prima ad acquistare un Delphos fu la Marchesa Luisa Casati, nel settembre del 1909.
Solitamente il Delphos era accompagnato da una cintura in raso o taffetà di seta stampato; lo si poteva abbinare con altre creazioni Fortuny come lo scialle Knossos oppure delle sopravvesti in garza di seta, con o senza maniche, o ancora giacche, tuniche, mantelline in seta o velluto stampato.

 


 

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ITA / Mariano Fortuny e il suo Palazzo (PDF 872 Kb) – in breve
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