Tra le figure più importanti del collezionismo internazionale a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, Giuseppe Panza di Biumo (1923-2010) è stato, insieme alla moglie Rosa Giovanna, un vero talent scout dei giovani artisti internazionali. Come ha definito lui stesso, nel libro autobiografico redatto del 2006, le scelte fatte negli anni avvenivano spesso in controtendenza: «Si vince con grande ritardo. […] Probabilmente quando io non sarò più qui a discutere di queste cose, l’arte oggi trascurata dalla critica, dalle istituzioni, dai collezionisti, che cercano l’attualità, avrà un diverso apprezzamento; non importa se io non ci sarò, oggi mi basta sapere che sto facendo le scelte migliori che la mia coscienza rende possibili. Anche allora facevo scelte difficili, da tutti, o quasi da tutti, rifiutate». (G. Panza, Ricordi di un Collezionista, Jaca Book, Milano 2006).
Nel 2014 a Ca’ Pesaro si è tenuta la mostra Giuseppe Panza di Biumo. Dialoghi americani, curata da Gabriella Belli ed Elisabetta Barisoni, con i capolavori storici raccolti negli anni dal collezionista. A seguito dell’esposizione, nel 2015 la famiglia Panza ha deciso di donare un importante nucleo di opere al Comune di Venezia per la Fondazione Musei Civici e in particolare per la Galleria Internazionale d’Arte Moderna.
La donazione Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo comprende lavori di Julia Mangold, Richard Nonas, Stuart Arends, Lawrence Carroll, Gregory Mahoney, Jonathan Seliger, Phil Sims e David Simpson.
Di Lawrence Carroll (Melbourne, 1954- 2019) sono qui esposte due opere monumentali. Vicino ai maestri dell’Informale francese e alla ricerca di Robert Rauschenberg, Carroll esprime anche una grande affinità verso l’opera di Giorgio Morandi. Come ha scritto Giuseppe Panza: «Il suo obiettivo è il condividere la vita dell’uomo e dell’umanità, e le sue sofferenze. L’individuo perso tra la folla della metropoli». Insieme alle preziose opere di Stuart Arends (Richmond, 1950), sono presentati i lavori di due maestri del colore della Scuola californiana: David Simpson (Pasadena, 1928) e Phil Sims (Richmond, 1940), autori molto amati da Giuseppe Panza che ne apprezzava il trattamento della superficie e il sapiente uso delle cromie. Per Simpson, in particolare, i colori metallici mescolati ad un minerale che riflette la luce danno una visione sempre diversa: «È il recupero della memoria di un evento remoto e primordiale. E’ il fascino di quest’arte che rivive nel colore e nella luce un episodio della vita cosmica che ci dona la possibilità di esistere».
Si aggiungono all’esposizione le opere materiche di Gregory Mahoney (Los Angeles, 1955). L’artista vive nel deserto e il suo luogo preferito è la Death Valley, al confine col Nevada. Panza ne apprezzava l’amore per la natura, madre e origine di tutte le cose: «Il contenuto del lavoro di Gregory Mahoney è la contemplazione dell’universo. E’ impossibile rappresentare l’universo, è possibile scoprirlo in qualche frammento che ci rende presente la sua esistenza. […] Mahoney è un poeta della natura, della natura che precede la vita, che sembra eterna».
Download
ITA / Mariano Fortuny e il suo Palazzo (PDF 872 Kb) – in breve
La storia, il Palazzo, le collezioni e informazioni generali >